Così si presenta la nuova direttrice della scuola di recitazione del Teatro Nazionale: "L'attore deve sporcarsi le mani di sangue, terra e fuoco".
Elisabetta Pozzi, considerata una delle migliori attrici italiane contemporanee, da questa settimana è la nuova direttrice didattica della scuola di recitazione del Teatro Nazionale di Genova, intitolata a Mariangela Melato. Per Pozzi, nata a Genova, è un ritorno a casa. A sceglierla sono stati il direttore del TN Genova, Davide Livermore (qui la sua intervista), e il presidente Alessandro Giglio.
E’ contenta di essere tornata a Genova?
Felicissima. Torno nella città in cui sono nata e dove ho mosso i miei primi passi sul palcoscenico. Da bambina frequentavo una scuola di danza e facevamo i nostri spettacoli-saggio nei teatri cittadini. Genova è una città cui sono molto legata, anche se il mio lavoro mi ha portato spesso lontano. Ho sempre avuto il bisogno di confrontarmi con nuove sfide, cose nuove, mettermi alla prova su percorsi diversi. D’altronde credo che per un’artista un approccio di questo genere sia praticamente obbligatorio.
Raccoglie l’eredità di Marco Sciaccaluga, che a Genova è un monumento, e dirigerà una scuola intitolata a Mariangela Melato
Si è una sfida incredibile, da non prendere sottogamba, ma mi sento pronta. Davide Livermore, il direttore del Teatro Nazionale, me ne aveva parlato tempo fa, spiegandomi che riteneva che fossi la persona adatta per una serie di motivi. Io mi sono presa un po’ di tempo per pensarci e la settimana scorsa ho deciso di accettare. Si tratta di un’impresa impegnativa, delicata e di grande responsabilità, e richiedeva una decisione ponderata.
Oltre che da Sciaccaluga, la scuola di recitazione del Teatro Nazionale di Genova è stata costruita giorno dopo giorno dal lavoro di Anna Laura Messeri, Massimo Mesciulam e tanti altri grandissimi insegnanti. C’è la presenza di un personaggio immenso come Mariangela Melato: sono tutte cose con cui bisogna fare i conti, come in tutte le eredità. Però non sono sola. In quest’impresa c’è anche un uomo di spettacolo a tutto tondo come Davide Livermore, una figura di grandissima energia e dalla visione innovativa, che vuole dare nuova linfa vitale al teatro: anche grazie alla scuola.
E ora che ha deciso di accettare?
Si riparte. Sono stati tempi durissimi, ci siamo confrontati con due anni di nulla. Ci siamo dovuti confrontare con l’idea di essere superflui, siamo stati inseriti nella categoria delle “cose non essenziali”. E’ stato uno shock immenso, che però ci ha fatto riflettere molto su di noi. Questo shock ci ha colpito tutti a livello psicologico ed economico, ci ha costretto a ripensarci come individui e come artisti. Davide, che è una creatura di forza e generosità notevoli, mi ha convinto dicendomi che aveva bisogno di un complice in questo suo progetto di dare una guida precisa a un percorso didattico nuovo.
Perché nuovo? E’ così cambiato il mestiere dell’attore?
Diciamo che bisogna partire con il piede giusto. Bisogna semplicemente riprendere la mira, “metterci la testa” per capire come si può oggi essere attori, cosa significa fare l’attore oggi. Dobbiamo riprendere in mano la situazione generale: comprendere come sono cambiati il pubblico e il mondo, e adeguare il piano didattico alla nuova situazione, ricordando quello che abbiamo vissuto. Dobbiamo capire che gli attori oggi sono diversi da un tempo.
In che senso?
Secondo un certo stereotipo, gli attori erano gente che faceva a gara a chi era più ricco e famoso, oppure erano personaggi più o meno autoreferenziali e quindi dominati dal bisogno di raccontare sé stessi. Oggi dobbiamo essere più consapevoli di quello che sta accadendo nella nostra società. Nel piano didattico dobbiamo prendere in considerazione questi binari nuovi. Ecco, noi della scuola di recitazione del TN Genova stiamo iniziando a ragionare su queste cose, a immaginare questi scenari. L’accordo che il TN ha appena siglato con l’università di Genova va in questa direzione.
Di cosa si tratta?
E’ un vero e proprio accordo di collaborazione tra l’Ateneo e il TN Genova. La scuola di recitazione potrà rafforzare la proposta didattica operando in convenzione con l’Università, che offrirà agli allievi-attori alcuni corsi specifici e la possibilità di acquisire crediti formativi.
Università e teatro potranno condividere competenze, ottenendo così una crescita comune e una formazione più ricca per tutti. E’ un bel passo avanti per noi che ci siamo sentiti superflui. E’ anche vero che il mestiere dell’attore, soprattutto in Italia, non è considerato come un lavoro importante: ma è un’arte che va curata, approfondita e perfezionata costantemente. Se abbiamo il supporto dell’università si possono ipotizzare tante cose. L’idea futura è quella di diventare un’accademia, con una vera laurea: un obiettivo davvero importante e ambizioso. Per questo sono felice di esserci e non mi tiro indietro.
Cosa fa esattamente la direttrice di una scuola di recitazione?
Io sono un’attrice e rimango tale. Ovviamente dovrò fare delle scelte. Prima che iniziasse questa sospensione ero sempre sul palcoscenico. Lavoro moltissimo con la drammaturgia contemporanea: è sempre stata la mia costante negli ultimi 20 anni. Voglio che questa scuola mi prenda, voglio esserci il più possibile. Ma, appunto, dovrò fare alcune scelte, ritirarmi da alcuni progetti, mantenendo le tournée che posso fare. E’ anche vero, però, che ormai le tournée durano poco: un mese, due al massimo.
Detto questo, il direttore deve esserci ed essere molto vigile. Il percorso deve essere comune tra tutti gli insegnanti; i contatti tra tutti i docenti e i vari gruppi devono essere stretti. Anche chi insegnerò avrà molto da imparare. Non possiamo stare chiusi nella classica torre d’avorio, che è fredda per definizione. Noi insegnanti dobbiamo sporcarci le mani di sangue, terra e fuoco.
Che doti devono avere i giovani attori?
Devono esaminarsi molto profondamente, devono trovare la ragione profonda per cui vogliono fare questo lavoro. Oggi ci sono moltissime possibilità di iniziare a fare questo lavoro, fra il teatro e i vari media. Ma le scuole di recitazione devono sfornare persone motivate e convinte. Dev’essere chiaro che questo è un lavoro che non dà alcuna sicurezza e che ti mette totalmente in crisi. Il teatro non è un’oasi di pace, è un luogo di sfide costanti.
Non si arriva mai, ogni giorno è una nuova battaglia. I ragazzi devono capirsi dentro e i docenti devono metterli in difficoltà. Spesso bisogna decostruire prima di costruire, per sgrossare, affinare, migliorare. Devono lavorare sul loro mondo interiore. Dovranno conoscere perfettamente il loro corpo, le loro corde vocali, e sapere come usarli.
Il talento naturale esiste?
Certo che esiste. A volte c’è, si vede subito ed emerge. Ma non è detto che basti. A volte il talento c’è ma non riesce ad evolvere e rimane lì. Inutile.